Alfina Pellegrino

Troppo mi ami Signore, tutto hai donato per me, ora mi chiedi che il cuore, altro non sappia che Te

Parlare di vocazione, per me, significa parlare d’amore, sì, perché solo un amore totalizzante può spingerti a rispondere con la vita.

Ciao, sono Alfina, una donna di 52 anni che, nel lontano 1998, ha fatto la scelta di rispondere alla chiamata di Dio per amare in modo più esclusivo Lui e per rendermi disponibile ad evangelizzare, annunciare la chiamata alla santità= felicità, che, il nostro Fondatore, Guglielmo Giaquinta ci ha regalato e messo nelle mani. Eccomi, questa sono io. Ci chiamiamo Oblate Apostoliche e il nome ha un’appendice, Oblate Apostoliche, Pro Sanctitate. In questo lungo nome c’è il programma, il progetto della nostra vocazione: essere disposte a diventare offerta perché le persone siano felici, realizzate, pienamente se stesse e tutto questo lo facciamo attraverso la nostra missionarietà. Non immaginate deserti, oasi, miseria nera, bimbi che muoiono di fame, no! Un’altra povertà ci interpella, molto più vicina a noi: la povertà dell’amore, dell’amare e del sentirsi amati.  Questi aspetti mi hanno portato a decidere di consacrare, donare la mia vita per questa missione; ma partiamo dal principio…da una parola che mi ha sempre caratterizzato nel bene e nel male…Troppo.

Troppo ha una connotazione negativa: mangiare troppo, fumare troppo, questo poi è troppo! etc. ma può avere anche una connotazione positiva, quando è riferito a Dio e al suo modo d’amare. La mia storia è legata a quel troppo che nell’adolescenza ha segnato la mia vita con la mancanza di senso e con un senso di vuoto, con l’assenza di figure di riferimento che parlassero con la vita. Tutto sembrava una routine in cui bisognava solo fare, raggiungere obiettivi, programmi, lavoro, doveri e poi?… Basta, non c’era attorno a me una vita piena, felice, realizzata, una vita Grande che parlasse con il respiro.  Poi il “Troppo” ha assunto il volto della preghiera, con l’ardore e il coraggio di un gruppo di giovani che avevano fatto dell’adorazione, della Parola, della vicinanza agli ammalati e dell’evangelizzazione il centro del loro stare insieme, della loro allegria, perché chi li univa era Maria, la madre di Dio, come in un grande cenacolo. E’ in questa fucina di preghiera è nato il desiderio di mettermi in ascolto di quel “Troppo” che tormentava il mio cammino, ma che nessuno mi aveva chiarito. L’ascolto fu fondamentale, ho vissuto giorni a lasciare che tutto potesse riprendere spazio dentro di me; finché mi venne incontro un salmo che divenne, e lo è ancora, una calamita con una forza attrattiva che mi trascinava al Signore: “ Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio, dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre, al Re piacerà la tua bellezza, Egli è il tuo Signore, prostrati a Lui. “.  Che potenza!!!E come tuonava dentro di me! Aveva la forza e il fascino dell’innamoramento da cui non puoi fuggire e dire di no. Finalmente quel “Troppo” stava prendendo forma: Qualcuno mi voleva per sé, in modo esclusivo. Il mio padre spirituale mi fece conoscere una consacrata, un’oblata apostolica Pro Sanctitate, la quale, mi mise tra le mani un canto, un testo, una poesia del nostro Fondatore Guglielmo Giaquinta, che iniziava con: “Troppo mi ami Signore, tutto hai donato per me, ora mi chiedi che il cuore, altro non sappia che Te”. Ero arrivata, dopo tanto vagare, avevo trovato il luogo in cui quel “troppo” prendeva forma umana e divina, ma mi mancava la forza del salto; chi mi avrebbe accompagnato, chi mi avrebbe dato conferma? Maria, nascosta nella mia vita, sorella e amica di tante occasioni, colei che non mi ha mai lasciato un attimo, discreta e desiderosa della mia felicità, l’ha custodita e, al momento giusto me l’ha svelata sempre nell’accorata preghiera a Lui attraverso Lei. Così il “troppo” è diventato il tutto che Maria, madre della fiducia, mi ha donato perché potessi condividerlo con tanti fratelli alla ricerca della vera felicità del cuore.