È in atto una crisi sistemica scatenata da una pandemia, crisi sanitaria, sociale, economica e antropologica che è divenuta sospensione delle certezze, appuntamento con il mostro e chiede di essere affrontata. Il momento richiede urgente riparo e la fede potrebbe essere uno degli argini da opzionare, la “soluzione” cui aggrapparsi, paura e protezione: generatasi la prima, si cerca affannosamente la seconda.
Siamo tuttavia convinti che la pandemia abbia messo l’accento su di un più profondo e lungo “tempo di crisi”. Il Covid 19 ha accentuato ed evidenziato la crisi nella quale eravamo già tutti immersi.
Il virus, crudele nel suo evolvere, passato attraverso strade che non siamo riusciti ad intercettare e tantomeno controllare, ha svelato che l’estraneo è vicinissimo, lo sconosciuto così accanto da aver creato una sequenza che ha spezzato molte vite e modificato radicalmente la nostra quotidianità.
Questa pandemia chiama a voce alta i cristiani a dare ragione della loro fede, ad offrire il Vangelo come “buona notizia” per il presente, la Chiesa come comunità indivisa, le proprie comunità di appartenenza come famiglie.
Dobbiamo contribuire a riscrivere la narrazione del presente, per il futuro.
“Il virus che non conosce barriere, frontiere o distinzioni culturali e politiche deve essere affrontato con un amore senza barriere, frontiere o distinzioni. Questo amore può generare strutture sociali che ci incoraggiano a condividere piuttosto che a competere, che ci permettono di includere i più vulnerabili e non di scartarli, e che ci aiutano ad esprimere il meglio della nostra natura umana e non il peggio.
Il vero amore non conosce la cultura dello scarto, non sa cosa sia. Infatti, quando amiamo e generiamo creatività, quando generiamo fiducia e solidarietà, è lì che emergono iniziative concrete per il bene comune. E questo vale sia a livello delle piccole e grandi comunità, sia a livello internazionale. Quello che si fa in famiglia, quello che si fa nel quartiere, quello che si fa nel villaggio, quello che si fa nella grande città e internazionalmente è lo stesso: è lo stesso seme che cresce e dà frutto.
Se tu in famiglia, nel quartiere cominci con l’invidia, con la lotta, alla fine ci sarà la “guerra”. Invece, se tu incominci con l’amore, a condividere l’amore, il perdono, allora ci sarà l’amore e il perdono per tutti” (Papa Francesco, Cortile San Damaso, 9 settembre 2020).
Il Signore Gesù rompe gli schemi nei quali pretendiamo di imprigionarlo e ci sorprende con la sua costante creatività. Ogni volta che recuperiamo la freschezza del Vangelo spuntano nuove strade, segni più eloquenti, parole cariche di rinnovato significato per il mondo.
Dobbiamo fare nuova anche la Chiesa, la Chiesa “amata e infedele, amarezza di ogni domenica” come la chiama Turoldo, dobbiamo mostrarla al mondo “impazzita di gioia” per la vittoria di Cristo sulla morte, e noi, a nostra volta, nonostante tutti gli acciacchi quotidiani, grondare di luce.
Molti hanno perso il passo e la fiducia e le forze. Ma ci sono altri che hanno fiducia, forze e passo che potranno accudirli…
L’essenza del cristianesimo sta qui: ognuno per gli altri. Per ciascuno e per tutti. Abbiamo il dovere di sentirci vivi e viventi. Chi rischia, il Signore non lo delude, e quando “qualcuno fa un piccolo passo verso Gesù, scopre che Lui già aspettava il suo arrivo a braccia aperte”. (Evangelii Gaudium)
Cosi diventa fertile il nostro incontro con la realtà, anche quando amarla può sembrarci, come ora, impossibile e paradossale.
Nicoletta Sechi
Direttore Nazionale del Movimento Pro Sanctitate