“Insegnami, Signore, a contare i miei giorni”

Si avvicinano i cinquant’anni… non avrei mai immaginato di ritrovarmi a fare delle riflessioni sul tempo che passa, io che non mi sono mai sentita un’età addosso. Ho sempre vissuto con l’entusiasmo di una adolescente e il senso del dovere di una ottantenne – perché educata alla serietà e alla fedeltà agli impegni presi. Ma adesso… adesso mi guardo attorno e vedo i nipoti maggiorenni, i genitori anziani, il mio fisico che cambia (il mio fisioterapista ne sa qualcosa), una stanchezza mentale che fa da sottofondo alle mie giornate… Cosa succede? E soprattutto: cosa vuol dire per me avere l’età della maturità? Non abbiamo avuto figli, mio marito ed io, e quindi non ho una visione immediata di quello che ho “costruito” nella mia vita: c’è altro che oggi mi spinge a fare un bilancio di ciò che è stato per potermi proiettare verso il futuro. Innanzitutto le scelte che ho fatto e che mi hanno portata dove sono: la famiglia, il lavoro, l’impegno apostolico. E mi rendo conto che non mi so immaginare senza il dono della fede e, soprattutto, senza l’appartenenza alla famiglia Pro Sanctitate. Il dono di essere cooperatrice si inserisce proprio nel solco della riconoscenza verso Dio, che mi ha messo nel cuore, da sempre, una inquietudine e un desiderio di cose belle e alte. Il far parte di un Istituto mi dona gli strumenti per camminare verso la realizzazione della mia vocazione, proprio a partire da questo anelito al di più che mi porto nel cuore.

Per me è come un fiume in cui sono immersa e che mi porta avanti, più in là di quanto saprei fare da sola e sento forte la spinta delle sorelle che con me accolgono la grazia di Dio e… andiamo avanti insieme. Sempre più, specie in questi ultimi anni, sperimento i miei limiti. La fragilità della mia fede mi porta a volte allo scoraggiamento. In particolare nel rapporto con gli altri, che sento di amare troppo poco. Se qualche anno fa mi illudevo di riuscire ad accogliere con pazienza e amore le persone che fanno parte della mia quotidianità (magari anche permettere loro di cambiare in meglio!), oggi posso dire che no, non sono capace di amare chi mi mette alla prova ogni giorno. E così, davanti alla debolezza della mia testimonianza, mi rendo conto che essere adulti significa anche saper dire a Gesù: “questa persona, questa situazione, la affido a Te, Signore!”. Alle porte dei cinquant’anni, allora, la mia preghiera è spesso quella del salmo 90: “Aiutaci a contare i nostri giorni, Signore, e giungeremo alla sapienza del cuore!” – aiutami a dare il giusto peso, la giusta considerazione a quello che mi accade, alle persone che incontro, perché è lì che Tu sei e mi incontri. – Oggi credo che sia importante non mettere me al centro di tutto, ma l’ascolto della Parola di Dio e la preghiera: solo così potrò mettermi sulla via della umiltà e della mitezza, che sono la saggezza vera e la sapienza autentica su cui fondare la vita. E così, con la fiducia nell’opera di Dio prima che nelle mie forze, guardo avanti oltre i miei primi cinquant’anni.

Annalisa Villanova