Quando ami la Chiesa è proprio vero che ti hanno aiutato ad amarla. Ti hanno aiutato i giusti, i cuori catturati da Dio, i cuori rivestiti di amore, carità, servizio e tenerezza. Dio si è fatto conoscere attraverso loro e la Chiesa si è mostrata come una madre che non prende niente per se stessa ma spende sempre tutto per gli altri. Quando hai fatto questo tipo di incontri è difficile rimanere lontani da Dio.

Quando penso agli anni intessuti dalla loro amicizia, fino ad arrivare ad oggi, mi vengono in mente parole come custodia, semplicità, vicinanza, schiettezza, correzione, fiducia, libertà.  Penso che la Chiesa e i suoi figli sono una lunga storia d’amore. Penso che solo un cuore molto arido potrebbe rimanere indifferente a tale vicinanza.

Mi tornano in mente i miei tratti da adolescente quando volevo tutto, subito e infinitamente. Quando tutto era bianco o nero, tutto era giusto o ingiusto, tutto era luce o era buio, tutto era musica o un rumoroso silenzio. In quegli anni ebbi la fortuna di incontrarle, queste specialissime amiche oblate, nella parrocchia che frequentavo e i miei desideri intensi di vita e di realizzazione si proiettarono insieme a loro dalla parte giusta, dalla parte di Dio.

Io che da bambina avevo avuto un’educazione cristiana in un istituto scolastico gestito da suore e che avevo sentito mia madre fidarsi profondamente di quel luogo, di quelle persone, di quella discrezione mescolata a vero affetto, potevo prendere allora, da adolescente, quella decisione in autonomia: andare avanti con le mie gambe e scegliere di restare sulla via della fede e cercare non un Dio “spray”, un Dio diffuso, come direbbe Papa Francesco, ma un Dio di carne e una fede forte, gioiosa, consapevole, adolescente prima e adulta poi.

E tutto ciò senza dover omologare o uniformare, in una presunta unica identità cristiana, la mia vita. Questo è un regalo bellissimo che le mie amiche oblate mi hanno sempre donato, questa è la mia esperienza di Chiesa insieme a loro nel Movimento Pro Sanctitate: poter conservare senza stereotiparsi la propria originalità umana, quella che ci è stata regalata da Dio, cercando solo di potenziarla verso l’alto.

Io le chiamo amiche, le consacrate che animano e custodiscono con la vita e la preghiera il Movimento Pro Sanctitate, questo spazio nella Chiesa dove spero possano trovare accoglienza sempre più persone.

Hanno volti, nomi e caratteri molto differenti, ma le accomuna una trasparenza nei tratti, una luce che arriva probabilmente dalla trasparenza del cuore.

Negli anni ho letteralmente desiderato “copiare” dai loro atteggiamenti uno dei segni cristiani per me più importanti: la sobrietà. Intendo per sobrietà non solo il necessario distacco dalle cose materiali ma il tentativo quotidiano di allontanare i sentimenti negativi, sobrietà di vita a tutto tondo, lontananza dalla maldicenza, dal giudizio, dall’ipocrisia, per essere lucidi e inseguire un progetto di santità teso solo a servire, accostarsi, accogliere, abbassarsi e pregare.

Sento tante parole insieme nella testa, parole scambiate con loro in momenti facili, in momenti difficili della vita. Sento il conforto di una voce amica che mi dice di non rimanere in una posizione di autosufficienza, sento il richiamo alla propria vita interiore, al proprio sè davanti a Dio, al progetto per la costruzione di una famiglia, di una comunità, di un bene. Nella vita matrimoniale per me, così come nella consacrazione a Dio per loro, oggi lo capisco ancora più chiaramente.

Vorrei così eguali splendidi compagni di fede per i miei figli per far toccare loro il cuore di Dio, perfar fare quell’esperienza di famiglia dove nessuno viene abbandonato o dimenticato.

Grazie Padre Guglielmo, grazie delle tue consacrate.

Nicoletta Sechi