Nel bel mezzo dell’estate, mentre tutti eravamo alle prese con il caldo torrido della bella stagione, è arrivata la notizia che dal Vaticano c’è il via libera per i laici: possono finalmente celebrare funerali, battesimi e matrimoni, quasi anche diventare parroci…
Ma sapendo che i media ne sanno poco di ‘cose di Chiesa’ e che in genere tendono ad amplificare la realtà, ho deciso di andare un po’ più a fondo, prima di formulare, nella mia testa, opinioni affrettate.
Il documento in questione è stato emanato dalla Congregazione per il Clero il 20 luglio scorso e si tratta di una “Istruzione” che porta il titolo “La conversione pastorale della comunità parrocchiale al servizio della missione evangelizzatrice della Chiesa”. Ci sarebbe già molto da dire solo su queste informazioni base, a partire dal fatto che il genere di documento ha un carattere pratico, operativo, fornisce delle “istruzioni” per attuare più efficacemente quanto è previsto dalle norme già in vigore (quindi non introduce nulla di completamente nuovo). L’ho sfogliato rapidamente in cerca delle tanto pubblicizzate novità per i laici, ma ho visto che l’argomento che ha catturato l’attenzione dei media è limitato a pochi paragrafi e più che introdurre novità, rende più esplicite delle possibilità già previste, come la facoltà di celebrare battesimi, assistere alle nozze, collaborare nella cura pastorale…

Lasciate quindi le curiosità da prima pagina, mi sono addentrata nella lettura e ho colto segni di accelerazione, qualche frenata e un segnale sottotraccia da tenere presente per il futuro prossimo.
L’accelerazione di fondo, presente in tutta la prima parte dell’Istruzione, è un chiaro tentativo di ripensare la pastorale, a partire dalla parrocchia, in prospettiva missionaria, non intesa come attività occasionale, ma come condizione permanente che caratterizza la vita della comunità.

Anziché dare ascolto ai profeti di sventura che, ciclicamente, annunciano la fine della parrocchia, il documento sollecita a rinnovare la vita delle comunità cristiane a partire dalla Parola e dalla fraternità, a saper cogliere le indicazioni dello Spirito per rimettere al centro della vita della Chiesa il Signore e i poveri. Sono frequenti in questa parte le citazioni di papa Francesco, ma oltre a quelle esplicitamente tratte dai suoi documenti e dai suoi interventi, si sente risuonare il pensiero dell’attuale Pontefice in ogni pagina. In particolare, mi piace evidenziare due passaggi, particolarmente cari al Papa argentino: il primo è che il soggetto della missione della Chiesa è il popolo di Dio nel suo insieme, nella varietà delle vocazioni, dei servizi, dei ministeri che in esso lo Spirito semina con abbondanza; un secondo elemento, è la conversione anche delle strutture, non solo delle persone, e nel caso della parrocchia, l’invito è a renderla il luogo delle relazioni fraterne, dell’incontro, del dialogo, nella consapevolezza che molto spesso la comunità parrocchiale è il primo luogo di incontro umano e personale dei poveri (di ogni genere) con il volto della Chiesa, ma soprattutto con il volto di Cristo misericordioso (cfr. n. 33).
Dopo lo slancio della prima parte, sono arrivati i segni di qualche frenata. Le conversioni, si sa, piccole e grandi, personali o comunitarie, richiedono prudenza e pazienza, perché siano autentiche e durature. Così la Congregazione per il Clero, ricorda che la conversione, l’adattamento delle strutture istituite alle spinte dello Spirito e dei tempi va fatta con cautela, tenendo conto che le norme non sono fini a se stesse, ma sono il risultato della lunga esperienza della Chiesa. Certo, a volte si ha l’impressione che le regole mettano un freno allo Spirito… ma sappiamo anche che lo Spirito sa farsi strada!
E la riscossa dei laici? Lasciamola ai giornalisti… la vera indicazione profetica di questo documento, a mio parere, sta nella comunione: insieme alla centralità di Cristo e della Parola, credo che questo sia il segno profetico più bello, molto più di diritti e doveri.
Tra le righe, ho voluto cogliere un messaggio non scritto. Questo documento arriva prima della ripresa delle attività pastorali, che quest’anno non sarà come gli altri. Abbiamo vissuto, anzi stiamo ancora vivendo, un’esperienza umana che lascia il segno in ogni dimensione della vita (famiglia, amicizie, lavoro, relazioni…) e da queste non è rimasta fuori la fede. È quasi arrivato il momento di ripartire ed è ora di chiederci: “Come vogliamo ripartire? Come vivremo la nostra fede? Come saranno le nostre celebrazioni?”. In questi mesi si è scritto e detto tanto in proposito… durante i mesi del lockdown qualcuno si è chiesto se la gente avrebbe ripreso a frequentare le chiese e come lo avrebbe fatto; ma credo sia importante che chiunque decida di entrare nelle ‘nostre’ chiese trovi delle persone, dei fratelli, degli amici. Mi auguro che le nostre parrocchie siano sempre più luogo di incontro, di vicinanza, che, dopo l’isolamento, aiutino a vincere la solitudine, a trovare quella presenza di Dio che sola può ristorare il cuore.
Dio ha bisogno di persone disponibili ad essere strumenti di tale incontro.
Buona missione a tutti noi!

Cristina Parasiliti