Il 25 marzo scorso, solennità dell’Annunciazione, Papa Francesco ha presieduto una cerimonia penitenziale nel corso della quale ha consacrato al Cuore immacolato di Maria la Russia e l’Ucraina. Con questo atto solenne le persone, o i popoli, consacrati vengono posti sotto la protezione di Maria non tanto, e non solo, perché conceda loro qualche cosa di specifico, ma perché guidi il loro cammino, illumini le loro scelte, le sostenga nelle difficoltà.

La consacrazione della Russia al Cuore Immacolato di Maria, che lei stessa aveva chiesto ai pastorelli di Fatima nel corso delle apparizioni del 1917, è stata fatta più volte, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, e lo stesso è avvenuto per l’Ucraina. Ma la novità del 25 marzo scorso è che questa volta le due nazioni, attualmente in guerra tra di loro, sono state consacrate insieme. Il che dimostra che non abbiamo fatto ricorso alla Madonna perché chieda a Dio di schierarsi a favore di una delle due parti, di far vincere i “buoni” o di convertire i “cattivi”.

Ciò che le abbiamo chiesto è di intercedere presso Dio affinché entrambe le parti – anche rinunciando a qualche pretesa che esse ritengono legittima – sappiano trovare rapidamente la via della pace e cerchino nel dialogo (che comprende l’ascolto dell’altro) la soluzione alle loro controversie. Lo abbiamo fatto nella certezza che Dio non è un padrone capriccioso che bisogna ingraziarsi, ma un padre che, amando ugualmente tutti i suoi figli, vuole che vivano in armonia e cerca di comporre i loro contrasti. Un padre che non cessa di amare il figlio “buono”, mentre accoglie a braccia aperte quello che si era sviato. È significativo che la cerimonia del 25 marzo scorso, oltre a svolgersi in una solennità mariana, abbia concluso una liturgia penitenziale in cui tutti – a cominciare dal Pontefice – hanno preso consapevolezza dei propri errori e riconosciuto che nessuno è immune da colpe per l’attuale situazione in cui si trova il mondo.

Ma anche in questa situazione i cristiani possono, come Maria:

  • Rallegrarsi, perché il Signore è con loro.  Quando il Signore è con noi non possiamo che essere colmi della sua gioia.
  • Non temere. È la diretta conseguenza. Non è la convinzione delle nostre ragioni, o la consapevolezza delle nostre forze, che ci può liberare dalla paura, ma la certezza che il Signore è presente nella nostra vita.
  • Essere certi che lo Spirito Santo scenderà su di loro. È così che Dio interviene nella nostra storia: non facendo ciò che noi non possiamo o non sappiamo fare, ma illuminandoci e sostenendoci con il suo Spirito.

In quest’ottica, la consacrazione delle due nazioni in guerra non è un gesto di magia, ma di fede, di amore e di speranza.

Dora Petrolino