Oggi si celebra la 54ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali dal titolo “Perché tu possa raccontare e fissare nella memoria (Es 10, 2)”. La Chiesa in questi anni ha cercato di essere sempre al “passo” con i tempi per potere, attraverso ogni mezzo di comunicazione, trasmettere il bello e il buono che c’è nel mondo e nelle storie di ciascuno di noi.

Papa Francesco desidera dedicare il tema di quest’anno alla narrazione perché credo che per non smarrirci abbiamo bisogno di respirare la verità delle storie buone: storie che edifichino, non che distruggano; storie che aiutino a ritrovare le radici e la forza per andare avanti insieme. Nella confusione delle voci e dei messaggi che ci circondano, abbiamo bisogno di una narrazione umana, che ci parli di noi e del bello che ci abita. Una narrazione che sappia guardare il mondo e gli eventi con tenerezza; che racconti il nostro essere parte di un tessuto vivo; che riveli l’intreccio dei fili coi quali siamo collegati gli uni agli altri.

È un tempo in cui i social, i mezzi di comunicazione troppo spesso diventano il “luogo” attraverso cui manifestiamo il nostro malessere interiore, lo spazio in cui facciamo parlare troppo spesso la rabbia e meno il cuore, la mente, la passione e il desiderio che ci deve spingere a cercare la Verità, quella con la V maiuscola che spiega e dispiega tutte le cose, quella che, come dice il Papa, ci aiuta a guardare il mondo con tenerezza. È una sfida per tutti perché troppo spesso regna la confusione. Le fake news non ci aiutano a fare discernimento, si discernimento, perché proprio da qui credo sia opportuno ripartire. Discernimento della mia storia, delle nostre storie e della nostra Storia. Non possiamo rimanere inermi, no, andrebbe innanzitutto contro la nostra coscienza di donne consacrate che vivono in questo mondo e che hanno scelto di offrire la loro vita per la santità di ogni fratello. Non siamo sole, non siamo soli e papa Francesco ci indica 4 vie per fare fronte alle tante falsificazioni di cui siamo bombardati.

Innanzitutto abbiamo bisogno di sapienza per accogliere e creare racconti belli, veri e buoni. Abbiamo bisogno di coraggio per respingere quelli falsi e malvagi. Abbiamo bisogno di pazienza e discernimento per riscoprire storie che ci aiutino a non perdere il filo tra le tante lacerazioni dell’oggi; storie che riportino alla luce la verità di quel che siamo, anche nell’eroicità ignorata del quotidiano

La sfida è alta e grande e dobbiamo ricordarci che non siamo nati compiuti, ma abbiamo bisogno di essere costantemente “tessuti” e “ricamati”. La vita ci è stata donata come invito a continuare a tessere quella “meraviglia stupenda” che siamo. Siamo chiamati a raccontare e fissare nella memoria gli episodi più significativi di questa Storia di storie, quelli capaci di comunicare il senso di ciò che è accaduto. Dio si è personalmente intessuto nella nostra umanità, dandoci così un nuovo modo di tessere le nostre storie.

Lo scoraggiamento, la confusione, il non sentirsi all’altezza, sentire la fatica di remare contro corrente fanno spesso capolino nei nostri cuori ma in questi momenti è opportuno ricordarci che è indispensabile mettere Gesù al centro e che non esistono storie umane insignificanti o piccole; che la storia di Cristo non è un patrimonio del passato, è la nostra storia, sempre attuale; che Dio ha preso a cuore l’uomo, la nostra carne, la nostra storia, fino a farsi uomo, carne e storia; che dopo che Dio si è fatto storia, ogni storia umana è, in un certo senso, storia divina; che ogni storia umana ha una dignità insopprimibile. Perciò l’umanità merita racconti che siano alla sua altezza, a quell’altezza vertiginosa e affascinante alla quale Gesù l’ha elevata.

Sta a noi quindi imparare e scegliere di condividere e testimoniare la nostra esperienza personale di resurrezione, la nostra esperienza personale di incontro con Dio, la nostra esperienza personale di memoria di quello sguardo che ha cambiato le nostre vite, la nostra esperienza personale di meraviglie compiute dal Signore della Storia, nella nostra storia e, anche quando raccontiamo il male, possiamo imparare a lasciare spazio alla redenzione, possiamo imparare a riconoscere in mezzo al male anche il dinamismo del bene e dargli spazio.

Antonella Cipriano