Il testo “La rivolta dei samaritani” è stato pubblicato nel 1977 dal Servo di Dio Guglielmo Giaquinta; in esso l’autore ha sintetizzato alcune riflessioni sulla dimensione sociale della fede cristiana, scaturite dall’esperienza con il gruppo degli Animatori Sociali, formato da uomini i quali, attraverso la loro presenza nella società, si impegnano a elaborare e attuare progetti che mirano a fare della fraternità universale il principio-base non solo delle relazioni fra singoli, ma anche delle strutture sociali. Tale ideale è descritto in termini ampi, dal respiro universale, anzi lo stesso Giaquinta non esita a definirla “utopia”, che però diventa principio ispiratore della realtà.
“Guardiamo al domani e lasciamoci ispirare dalle utopie. Ma poi discesi sul piano concreto dell’oggi, rendiamoci conto che solo trasformando la fraternità da ‘utopia astratta’  in ‘utopia operativa’, capace cioè di animare le nostre azioni di ogni giorno, potremo camminare realmente e concretamente verso un mondo nuovo, fondato non sulla pura giustizia, ma su un amore pieno che trasformi i cuori degli uomini e l’intera civiltà” (p. 226).
Il brano proposto mette in evidenza la dimensione oggettiva della fraternità, punta cioè a far emergere che la forza di questo principio non deriva dal sentimento soggettivo, ma ha il suo fondamento in una realtà donata, che attende di essere trasformata in realtà concreta attraverso tutto l’agire dell’uomo.

Non è possibile che Dio abbia posto nella nostra anima una così profonda sete di giustizia e di amore e ci abbia tutti chiamati alla santità senza che ciò possa essere poi soddisfatto. Se gli attuali sistemi sociali e politici non sono capaci di dare una adeguata risposta alle esigenze naturali e soprannaturali dell’uomo, bisogna trovare un’altra strada che porti alla soluzione.
Poggia su tale esigenza la nostra proposta dello studio della fraternità che non si può e non si deve porre in alternativa con la virtù della giustizia ma, presupponendo questa, nei casi in cui non sia possibile raggiungerla, ne ingloba gli elementi esistenti, la supera e prospetta così una nuova soluzione ai problemi e alle esigenze sopra veduti.
Prima di inoltrarci nello studio approfondito di questa proposta è necessario dare una risposta di massima a due obiezioni che possono subito sorgere dinanzi alla enunciazione della tesi:
1) La fraternità non è forse un sentimento strettamente personale e quindi soggettivo?
2) Come può un tale sentimento avere una incidenza sociale e politica?
Si tratta, come si vede, di due difficoltà di notevole importanza che ci portano ad approfondire il problema in questione.
Iniziamo dalla prima obiezione.
È esatto che, in generale, parlando di fraternità si fa riferimento al senso di amore fraterno, e quindi si vuole alludere ad un fatto che di per sé è strettamente personale e soggettivo.

Qui però noi non ci fermiamo su tale sentimento ma su ciò che lo fonda e lo provoca e cioè sul “fatto” che noi siamo fratelli e sullo “stato”, in primo luogo naturale e poi soprannaturale, della nostra fraternità.
Da questa base nasce il senso della fraternità; ma da essa possono sorgere inoltre altre conseguenze che fino ad oggi sono state prese in considerazione solo sul piano morale e della capacità soprattutto familiare, ma che, invece, hanno una estensione e una importanza immensamente maggiore.

La dimostrazione che tutti siamo fratelli è talmente ovvia che sembrerebbe quasi inutile. È invece opportuno fermarci su di essa giacché è essenziale, ai fini di quanto presentiamo, il constatare che tutti gli uomini parlando di se stessi si definiscono come umanità solidale, corresponsabile ormai per la vita e per la morte e quindi moralmente fratelli.
I moderni mezzi di comunicazione fanno sempre più prendere coscienza di questa intima unità e corresponsabilità di tutti i popoli, per cui oggi è assurdo il tentare una qualche programmazione a livello nazionale prescindendo dalla realtà e situazione internazionale e mondiale.
Si noti però che tutto questo non è pura convenzione o solo stato di bisogno.
Al di sotto c’è una realtà più profonda che è quella della identità della natura umana che tutti ci accomuna in unità di intelletto, di volontà, di amore e di perseguimento dei medesimi scopi essenziali.
L’uomo, dovunque lo si incontri, ha sostanzialmente le identiche esigenze fisiche e gli stessi bisogni interiori, anche se più o meno sviluppati.
Affermata la realtà della nostra fraternità sul piano puramente naturale che viene poi rafforzata da quello religioso sembrerebbe non avere molto significato il procedere in questa analisi dei fondamenti della fraternità. Infatti tutto ciò che sopravviene potrà servire solo a documentare sempre più un fatto che è però ormai da porre fuori ogni discussione.
Questo è esatto. Ma nel nostro caso l’ulteriore analisi dei fondamenti della fraternità ci metterà dinanzi a nuovi contenuti che postuleranno poi conseguenze sempre più impegnative.
Questo è evidente quando noi accettiamo la religione cristiana la quale fonde in sé la visione del fratello quale è stata presentata da Dio nel Vecchio Testamento e quale è stata arricchita da Cristo nel Nuovo Testamento.
 In questo caso, infatti, il rapporto con Dio non è solo con la sorgente dell’essere ma con il Padre che ci ha amati quali figli, ci ha prescelti dalla eternità ad entrare nel popolo della “alleanza” e attraverso il suo figlio Gesù ci ha fatti partecipi della sua stessa natura.
Siamo dunque fratelli perché figli di uno stesso Dio che invochiamo “Padre nostro” redenti dal Fratello maggiore, Cristo Gesù, e tutti chiamati, personalmente e collettivamente, a dare una risposta di amore totale al Padre e a Cristo.
La nostra fraternità non poggia solo sulla comunità di sangue fisico che scende da un primo uomo, e dell’essere, proveniente da Dio ma anche sulla unicità della grazia di Cristo che ci unifica quasi con un divino sangue spirituale.
La fraternità non è un sentimento ma uno stato oggettivo in cui l’uomo si trova e da cui nasce, tra l’altro, anche il senso fraterno.
(G. Giaquinta, La rivolta dei samaritani, 130-134)

Passi di fraternità

  • Fraternità: sentimento personale o fatto oggettivo? In che modo per me/per noi questi due elementi sono tra loro in relazione?
  • “… tutti gli uomini parlando di se stessi si definiscono come umanità solidale, corresponsabile ormai per la vita e per la morte e quindi moralmente fratelli”: come dare concretezza a questa affermazione? Come attuare una “globalizzazione della fraternità”?