Entriamo nel Triduo Pasquale accompagnati dalle parole di questa omelia del Servo di Dio Guglielmo Giaquinta, tenuta durante la celebrazione della messa in Coena Domini del 31 marzo 1988, presso la cappella della Betania Santa Maria, in Roma, sede dell’Istituto delle Oblate Apostoliche. È il nostro augurio per tutti voi e un ringraziamento al Signore per il dono dei sacerdoti, dell’Eucaristia, del comandamento dell’amore.

Parlare a voi del Giovedì Santo vi confesso che è particolarmente emozionante, perché veramente mi sembra di stare nel Cenacolo. Noi questa sera siamo entrati nel Cenacolo. E come ci appare, questa sera, il Cenacolo? Vorrei chiamarlo il santuario delle divine esagerazioni dell’amore. È un argomento affascinante, quello che vi sto proponendo, che non posso approfondire ed analizzare sino in fondo, ma almeno alcuni flash voglio darli.

Notate che nel Vangelo Gesù ci dice: “Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi”. Quindi, se noi entriamo nel cuore di Cristo, troviamo questo intenso desiderio. Il testo latino è caratteristico: Desiderio desideravi hac pascha manducare vobiscum -ho desiderato ardentemente di mangiare questa pasqua con voi. E Giovanni ce ne da, nel testo che abbiamo ascoltato, la spiegazione: avendo sempre amato i suoi che erano in questo mondo, li amò infinitamente – in finem. Quindi noi entriamo in un Cenacolo in cui c’è un cuore bruciante di amore, il cuore di Cristo. E allora, una prima osservazione, che è fondamentale: noi siamo abituati a dedurre la vocazione universale alla santità dal IV cap. della prima lettera di Giovan­ni: Dio è amore. Diciamo: Dio è amore, Dio ci ama infinitamente, noi quindi dobbiamo riamarlo al massimo, e questa è la vocazione alla santità. Ora, se ci riflettete, in un certo senso questo ha troppo il sapore di un sillogismo, di un ragionamento, di un fatto logico, e noi siamo creature umane che hanno bisogno di concretezza. Ebbene, entriamo nel Cenacolo e troveremo la dimostrazione della chiamata alla santità più adatta per noi – vediamo come Gesù ci parla dell’amore del Padre, da cui poi nasce la chiamata alla santità. Qual è l’atteggiamento, quali sono le parole che nascono dal cuore bruciante di amore di Cristo nel Cenacolo?

Il primo gesto lo conosciamo: Cristo lava i piedi ai suoi discepoli. Era la funzione di servizio riservata agli schiavi: “Voi mi chiamate maestro e signore e fate bene perché lo sono, ma io in questo momento sono il vostro schiavo, il vostro servo, e se vi ho lavato i piedi io, voi dovete lavarveli l’un l’altro”. Noi siamo facili a diluire ogni cosa e a dare a questo comando un significato riduttivo, ma Gesù ha detto di lavarci i piedi.

Ma la lavanda dei piedi è il primo degli elementi di questo momento ricchissimo del Cenacolo. Gesù parla, promette lo Spirito Santo e ritorna ripetutamente su questo dono che farà e noi ne comprendiamo la realtà e la grandezza quando, terminata la tragedia del Golgota, il Cenacolo riprenderà vita e lo Spirito scenderà sugli Apostoli formando la Chiesa carismatica e missionaria. Gli Apostoli in quel momento non lo capiscono, ma nel cuore e nel pensiero di Gesù è chiaro: il Cenacolo diventa il luogo della promessa della Chiesa carismatica e missionaria.

E poi c’è il punto centrale, in cui l’amore di Cristo esplode: l’Eucaristia, mistero ineffabile, incomprensibile, mistero insondabile e inspiegabile. Cristo che diventa pane, il pane che diventa Cristo: Cristo che diventa in noi sangue da bere e pane da mangiare.

Leggiamo il VI cap. di Giovanni e vi troveremo la spiegazione esatta del significato di quelle poche, scarne parole: prendete e mangiate, questo è il mio corpo; prendete e bevete, questo è il mio sangue. E da quel momento, in forza dell’altro miracolo trasformante della creazione del sacerdozio, l’Eucaristia diventa quella “oblatio munda” di cui parlava già Malachia, che in tutto il mondo si sarebbe ripetuta, ma che per la prima volta si realizza là nel Cenacolo.

Vedete quale ricchezza c’è nel Cenacolo e come realmente si può dire che esso sia il Santuario delle divine esagerazioni. Tutto questo si completa, poi, con il capitolo XVII di Giovanni, dove c’è l’elevazione al Padre: Padre Santo, Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto e ti ho rivelato a questi tuoi discepoli; conservali nell’unità, falli una cosa sola come Tu ed io siamo una cosa sola. L’unità trinitaria che Cristo chiede al Padre per noi. Non credete che una chiesa e una piccola comunità frammento di Chiesa, che viva lo spirito del Cenacolo, sarebbe una realtà meravigliosa, sarebbe la attualizzazione del progetto del Padre dello Spirito e di Cristo? Ed è appunto questo ciò che noi dobbiamo cercare di essere.

Servo di Dio Guglielmo Giaquinta