Sono, come la maggior parte degli italiani e non solo, chiusa in casa, ad inventarmi una vita diversa. Poche sono le “cose” rimaste dall’otto marzo, sicuramente la preghiera che scandisce il mio tempo di consacrata e che oggi più che mai si intensifica, consegnando paure, volti, storie, speranze. Molte sono quelle che ho dovuto interrompere: gli incontri con i membri del Movimento Pro Sanctitate, il mio impegno nelle parrocchie con la lectio divina e non solo, i progetti scuola… quanto mi mancano gli occhi dei ragazzi, i loro sguardi, i dialoghi cercando di trasmettere loro valori positivi e desiderio di potenziare i sogni, le possibilità di ciascuno. Sicuramente mi manca l’Eucaristia quotidiana ma, sento, ne sono certa, che il Signore è dentro di me, è come se nella mancanza si sentisse ancor più forte la Sua presenza.

Stando a casa ho più possibilità di ascoltare il silenzio, le parole consegnate a telefono, di vedere immagini con una nostalgia sempre più forte di incontrare sguardi, sorrisi e quelle lacrime che a distanza è difficile asciugare anche se il cuore raggiunge tutti se si è nella verità.

Parlavo di immagini… è da giorni che mi soffermo a guardare foto che amici e familiari mi mandano dove il soggetto è: IL PANE fatto in casa. Ogni foto mi sa di famiglia, di semplicità, di cose buone, di profumo, di origini ritrovate, di sacralità, di riscoperta di ciò che era perduto e abbandonato. Pane fresco e sempre buono… ed è una festa ogni volta che si porta a tavola. Pane come quello scelto da Gesù per rimanere con noi.

Spero e prego che ogni volta che mangiamo del pane fatto in casa ci ricordiamo di Lui: il Pane vivo disceso dal Cielo.

Finirà questo tempo così strano, assurdo, unico, nel quale facciamo fatica a stare anche se questo tempo è sempre e comunque vita, dove bisogna apprezzare il silenzio per imparare ciò che è importante davvero, tempo in cui ringraziare per i ricordi che ci fanno compagnia e per il cuore che riesce a contenere tutti… proprio tutti.

Finirà questo tempo di lacrime e di paure, ma non dimentichiamoci del pane, della famiglia, della sacralità della vita.

Maria Francesca Ragusa