La 57° Giornata Mondiale di Preghiera per le Vocazioni ha come sempre, qualcosa di nuovo da dirci in relazione a questo periodo storico che stiamo vivendo. Il messaggio di papa Francesco offre una puntuale riflessione sulle parole della vocazione – gratitudine, coraggio, fatica, lode – e suscita alcune domande che provocano tutti noi consacrati e anche la famiglia spirituale delle Oblate Apostoliche Pro Sanctitate, cui appartengo.

Ci mettiamo in discussione e ci chiediamo: siamo capaci di vivere noi per primi quello che vogliamo trasmettere? Sappiamo riconoscere chi è il destinatario della chiamata di Dio?

Ogni vocazione si incarna nella storia e noi, laiche consacrate siamo chiamate a vivere il nostro tempo, andando incontro alle nuove generazioni, accogliendo le loro domande, scoprendo i desideri del cuore, con un discernimento attento e vigile in un percorso di accompagnamento vocazionale. Ci viene chiesto innanzitutto di essere lettrici appassionate della storia e di interpretarla alla luce del mistero dell’amore redentivo di Cristo. Quando chiediamo al Signore che conceda numerose e sante vocazioni nella Chiesa e nel nostro Istituto, siamo consapevoli di ciò che chiediamo? E mentre chiediamo, stiamo spianando la strada perché la voce del Cristo possa ancora giungere alle orecchie di tante giovani che cercano un senso alla loro vita e alla loro donazione?

Le parole del Papa ci suggeriscono che all’inizio di ogni discernimento occorre ripercorre il proprio vissuto e riconoscere il tempo in cui il Signore si è fatto presente, ha toccato il cuore, ha invitato alla sequela. Ecco che allora si comprende bene perché la prima parola che il Papa ci indica è GRATITUDINE. Solo se abbiamo riconosciuto il passaggio di Dio, a volte inaspettato e faticoso, possiamo riscoprire il valore dell’esistenza e della fede come dono, e possiamo, come dice il nostro Fondatore, Mons. Guglielmo Giaquinta; guardare al domani con un senso di gratitudine e con un senso di attaccamento all’Istituto e al carisma di cui l’Istituto è portatore. La gratitudine sgorga da un cuore capace di riconoscere le meraviglie compiute da Dio nella propria vita, seppur in mezzo al vortice delle acque in tempesta.

La seconda parola della vocazione è CORAGGIO, cioè la capacità di assumere responsabilmente i pesi che la vita ci chiama a portare

La prima reazione dei discepoli sulla barca, quando Gesù va loro incontro, è la paura – pensano si tratti di un fantasma – ma Gesù li esorta ad avere “coraggio”. Quello che ci paralizza spesso sono, come scrive il Papa, proprio i fantasmi dentro di noi: Quando siamo chiamati a lasciare la nostra riva sicura e abbracciare uno stato di vita – come il matrimonio, il sacerdozio ordinato, la vita consacrata – la prima reazione è spesso rappresentata dal “fantasma dell’incredulità”: non è possibile che questa vocazione sia per me; si tratta davvero della strada giusta? Il Signore chiede questo proprio a me?

Il Papa parla del coraggio come un appello alla perseveranza, a non lasciare che la paura blocchi la possibilità di una realizzazione umana e cristiana, a non aver paura di donarsi generosamente e senza condizioni. Certo, rivolte ai giovani in ricerca, queste esortazioni potrebbero apparire soltanto parole… Quanto è importante allora che essi possano trovare delle comunità oblative, in cui fare realmente esperienza del mistero pasquale di Cristo!

Questa Giornata di preghiera per le vocazioni ci interpella profondamente sulla qualità del nostro amore oblativo e ci chiama a rinnovare e a ripensare le nostre realtà comunitarie come piccole oasi di comunione per una umanità che vive un profondo impoverimento relazionale. Siamo capaci di aprire le porte del nostro cuore con coraggio a chi teme anche di bussare? Sappiamo andare incontro a chi ha bisogno di Dio e del suo amore e non si accontenta di risposte frettolose e spesso sfuggenti?

“Ogni vocazione comporta un IMPEGNO”, scrive ancora Papa Francesco. Quante volte siamo tentati di “mollare” perché sopraffatti da difficoltà, delusioni, giudizi, quanti venti contrari nella nostra vita! Quante volte la mancanza o l’abbandono di vocazioni portano a chiederci se vale la pena continuare a investire la propria vita in una vocazione che all’inizio ci aveva fatto bruciare di passione…Sappiamo però che tenendo lo sguardo su Gesù, possiamo andare avanti, Lui conosce le nostre fatiche e ci tende la mano quando per stanchezza o per paura rischiamo di affondare, e ci dona lo slancio necessario per vivere la nostra vocazione con gioia ed entusiasmo.

 I giovani non cercano in noi persone perfette, ma donne di fede, capaci di lasciarsi guidare dal vento dello Spirito.

Gesù tende la sua mano e ci salva. E allora come e con Maria, “grata per lo sguardo di Dio” su di lei, vogliamo fare della vita un eterno “canto di LODE al Signore” e offrire, nelle comunità dove viviamo, un cammino al servizio delle vocazioni, aprendo brecce nel cuore del fratello che incontriamo, perché possa offrire anche lui la propria vita come cantico di lode a Dio, per i fratelli e per il mondo intero.

Antonella Ruggeri