Parlare di bellezza ai tempi del coronavirus sembra un ossimoro, una contraddizione evidente… In queste settimane i canali che siamo abituati a frequentare – oggi diventati quasi esclusivi – fanno circolare riflessioni di ogni genere, da quelle apocalittiche a quella cariche di speranza, io timidamente oso condividere le mie impressioni sulla bellezza a partire da due esperienze significative: il percorso magistralmente guidato da don Raffaele Maiolini, in quattro tappe, dal titolo “Il bello del cristianesimo, dire il Vangelo con arte” e il periodo immediatamente successivo, scattato il 23 febbraio, giorno in cui la Lombardia ha cominciato la sua lotta contro il Covid-19.
Partirei da questo secondo tempo con una condivisione puramente personale. Credo che per tutti le scorse settimane siano state non tanto un cambiamento di rotta, quanto un cambiamento di marcia: abbiamo d’un tratto rallentato la nostra corsa forsennata, anche se giustamente motivata, per ricominciare a muovere passi lenti. E quando per attraversare il mondo camminiamo, inevitabilmente vediamo meno, ma vediamo meglio! Il verbo vedere ha un parente stretto, è il verbo contemplare; ho scoperto l’origine di questa parola pochi mesi fa e adesso semplificherei con: osservare dentro uno spazio circoscritto (il templum), una superficie sacra entro cui concentrare ogni attenzione, energia, pensiero. Guardare dentro, far riposare il cuore su ogni cosa, su di me, su Gesù presente nell’Eucaristia e nella Parola, sulle persone che mi vivono accanto: questo esercizio, all’inizio forzato, è diventata l’attività abituale ai tempi del coronavirus; una opportunità, una sfida sconcertanti quanto entusiasmanti.

Mi colpisce che tutto sia coinciso con l’inizio della Quaresima, i quaranta giorni che ci conducono alla Pasqua notoriamente conosciuti come il tempo dell’astinenza e del digiuno, della fame della Parola, dell’Eucaristia e della carità. Ecco, nella Quaresima 2020, i buoni propositi sembrano controfigure che lasciano la scena allo spettacolo della vita: non servono le intenzioni, la storia dell’umanità che soffre, lotta, ama, prega è il senso e il cuore dell’itinerario verso la Pasqua.

E, in tutto questo, la bellezza si fa spazio tra le feritoie delle notizie dei telegiornali, dei divieti, delle distanze da tenere, dei sacrifici economici, dei megafoni della protezione civile che evocano scenari di guerra prescrivendo se e come muoverci.
La bellezza di Gesù trasfigurato nella II domenica di quaresima, presente nell’Eucaristia e adorato nella nostra cappellina per invocare la salvezza di tutta la famiglia umana.
La bellezza della quotidianità condivisa con le mie sorelle di vocazione e con i tanti “cari” che abitano la terra, non raggiungibili con un abbraccio, ma tutti stretti nel cuore del Padre.
La bellezza dell’assenza che accresce la fame e ridà senso all’abbondanza data sempre per scontato: celebrare l’Eucaristia, scambiarsi abbracci, avere compagni di viaggio o semplici conoscenti con cui condividere l’ordinarietà della vita.

Rosanna Gagliano