Questo è il tempo, un tempo sospeso in cui, come in un’esperienza extracorporea, ci si allontana dalla quotidianità, dalla concretezza delle relazioni e si rimane a guardare, con trepidazione, nell’attesa che tutto ritorni a com’era prima. Questo è il tempo, il tempo del dolore per chi ci ha lasciato senza la possibilità di un abbraccio o di un saluto; il tempo della solitudine e delle mancanze dei nostri affetti, oppure un tempo affollato per chi è costretto a condividere i propri spazi con gli altri. Tempo subìto, tempi morti, tempo produttivo o tempo perso, giornate destrutturate, reinventate e riconvertite.
La sospensione delle nostre vite porta lo sguardo oltre quel buco nero che sta inghiottendo tutte le nostre certezze ma che ci fa intravedere un tempo nuovo. Ed è proprio questo il tempo in cui noi cristiani dobbiamo avere la certezza di veder fiorire le nostre speranze. Affinché ciò possa accadere dobbiamo, ora, coltivare, curare, irrigare e nutrire il seme della nostra fede, fede ricevuta in dono e accolta nella Grazia di Dio. In modo particolare noi che abbiamo desiderato quel di più che ci suggeriva il cuore e che abbiamo accolto nel carisma della Chiamata Universale alla Santità e nell’appartenenza all’Istituto.

La realtà che stiamo vivendo ci ha tolto molto in termini di condivisione, di progettualità e programmazione, di momenti comuni di preghiera, di gioia nel canto e di bellezza nei sorrisi, facendo affiorare così la paura. È come essere spogliati del bellissimo abito preparato per la festa e trovarsi improvvisamente scoperte, disadorne, lasciando emergere tutte le nostre fragilità. Improvvisamente ci siamo ritrovate a compiere questo viaggio a ritroso che ci ha portate sempre più in profondità fino ad arrivare al cuore della nostra fede, fino alla scoperta del “diamante” che giace nascosto nelle viscere del nostro essere. È lì il cuore pulsante, è lì il Big Bang della santità. Noi sappiamo dove cercare: «Siate Santi come Io sono Santo» (Lv 19, 2).

Tutto quello che abbiamo desiderato, accolto, curato, amato, è dentro di noi e passa nelle nostre mani. Siamo disgiunte e lontane fisicamente, ma siamo in una comunione di intenti, in comunione con il nostro Signore e con il carisma, capaci di stare in piedi ognuna per sé, capaci di passi propri su un cammino comune. La quotidianità di ognuna è messa a dura prova in famiglia e nella precarietà del lavoro; affidiamo al Cuore Immacolato di Maria ogni nostra preoccupazione e chiediamo a Lei di infonderci il «coraggio che presuppone la fiducia, e la fiducia la speranza»[1].

Laura Sichetti Tini


[1] V. Mancuso, Il coraggio e la paura, Garzanti, Milano 2020.